Insieme alle famiglie

Il sistema Salerno tra responsabilità sociali condivise e la prospettiva dei Poli per l’infanzia

a cura di Massimo Del Forno e Rossella Trapanese

Il supporto all’area infanzia è una delle direttrici strategiche della sfida italiana per il rilancio del Paese tanto da ricevere molta attenzione da parte del legislatore, la cui attività è andata di pari passo ai cambiamenti di paradigma. Si è passati da un’idea di centralità del servizio all’infanzia inteso come prestazione assistenziale alla centralità del bambino su cui costruire un progetto che integra gli aspetti pedagogici al relativo contesto della formazione esteso dalla scuola alla famiglia. 

Tale percorso emancipativo può essere ricostruito dal percorso normativo che va dalla legge n. 285 del 1998 fino al decreto lg. n. 65 del 2017.  Già la legge n. 107 del 2015, la cosiddetta legge della “Buona Scuola,” ha portato avanti l’idea di una struttura di servizi per l’infanzia centrata sulla crescita e la formazione dei bambini, che integrasse anche i nidi e le famiglie in un unico progetto formativo ad hoc. Un vero e proprio cambiamento culturale che viene rafforzato poi dal d. lgs. n. 65 del 2017. Quest’ultimo si propone di attivare per la fascia 0-6 anni (Bondioli, Savio, Gobbetto 2018) dei Poli dell’infanzia, non solo promuovendo la collaborazione e la continuità tra i due sistemi, asilo nido e scuola dell’infanzia, ma anche coinvolgendo gli altri stakeholder e le comunità, comprese le famiglie, con obiettivi bene definiti.

Se sul piano normativo il progetto strategico contiene linee guida chiare e indirizzi strategici concreti, la realtà territoriale si presenta sin dall’inizio disomogenea e differentemente motivata sui temi dell’infanzia, anche di fronte alle ingenti risorse messe a disposizione per dare sostenibilità e continuità ai progetti per la prima infanzia attivati sui territori. Se si mette mano al quadro riassuntivo dei servizi, lo scenario appare piuttosto complesso e a tratti desolante. Sul dato gravano soprattutto i lavori della Consiglio europeo di Barcellona che fissavano tra gli obiettivi la garanzia di assistenza all’infanzia ad almeno il 33% dei bambini di età inferiore ai 3 anni entro il 2010.

Dai dati Istat del 2018 che sono stati presi in considerazione dalla nostra scorsa indagine emerge uno spaccato italiano con differenti garanzie offerte ai bambini e alle famiglie nelle diverse regioni italiane. Valle d’Aosta, Emilia Romagna, Toscana e Umbria, a cui si è aggiunto negli ultimi anni il Lazio, superano la soglia del 33%. Anche se al Sud i valori crescono più rapidamente, il dato fa emergere un deciso andamento virtuoso di molte Regioni del Nord. In Campania i dati sono molto bassi e non raggiungono neppure la soglia del 10% (dati Istat, 2020). C’è da dire che il dato risulta sottostimato. Dal lavoro svolto sul territorio campano abbiamo contezza che alcuni ambiti non inviano all’Istat i dati aggiornati e ciò pare sia stata una consuetudine condivisa anche da altre Regioni.

Dal dato sconfortante della Campania spicca però la realtà virtuosa del Comune di Salerno da cui è partita la nostra ricerca-azione, condivisa e co-progettata da un gruppo di studiosi all’interno dell’Osservatorio Politiche Sociali presso l’Università degli Studi di Salerno (osservatoriopolitichesociali.unisa.it). Il progetto consiste nella ricerca delle condizioni di possibilità per l’attivazione sul territorio della città di Salerno di un Polo dell’infanzia, così come richiesto dal D.lgs. n. 65 del 2017 partendo dal coinvolgimento delle famiglie. Il caso studio di Salerno si è articolato in 2 percorsi di ricerca: a) il progetto “La città in crescita”, iniziato nell’ottobre 2019 e sospeso nel marzo 2020; b) raccolta e analisi delle opinioni e dei giudizi tramite un questionario somministrato alle famiglie.

Il progetto“La Città in crescita”, parte dalla costatazione cheil Comune di Salerno è l’ente che investe di più nel sociale tra tutti i comuni campani (172 euro per abitante, Istat 2018). Inoltre, a Salerno c’è un grande dinamismo del Terzo settore. Vi operano molte cooperative, tra cui un consorzio di 21 cooperative sociali, un CSV (Sodalis) e associazioni di volontariato molto attive. Rilevante per tutte le attività risulta la collaborazione finanziaria e strategica della prima Fondazione di Comunità nata nel Sud Italia: Fondazione Comunità salernitana è un sistema complesso e dinamico, che coinvolge gli enti territoriali all’interno di una rete coesa e solidale, sostenuta anche dal lavoro dell’Osservatorio Politiche Sociali UNISA e dalle reti di supporto a livello nazionale[1].

L’attenzione del Comune di Salerno verso gli asili nido parte nel 1976 ma è solo nel 2004 che si incomincia a ragionare sulla possibilità di ampliare l’offerta di servizi per la prima infanzia. In pochi anni si assiste a un radicale cambiamento culturale e organizzativo nella progettazione dei serviziall’infanzia erogati sul territorio. Decisiva in questa svolta è stata la collaborazione strategica intensa e continuata con il Consorzio la Rada, a sua volta in rete con il Consorzio nazionale CGM, con le sue reti di supporto, che si è avvalso del contributo scientifico dell’Istituto degli Innocenti e della condivisione del Tuscan approch (Fortunati A., Pucci A., 2019).

Da questo team articolato e ben assortito si realizza l’agognato cambio di passo dal modello assistenziale della funzione dei servizi all’infanzia al modello pedagogico inclusivo, volto a integrare la formazione dei bambini con la maturazione del loro contesto di crescita. In questo modello, la conciliazione casa-lavoro soprattutto delle donne veniva resa funzionale al progetto formativo e integrato in un programma esteso al territorio con al centro il bambino, le sue complesse e delicate componenti emotive e cognitive, le sue competenza sociali e relazionali, quali nuclei produttivi della sua personalità da cui dipenderà la qualità della vita del futuro adulto. Tutti temi da portare all’attenzione dei genitori che diventano parte del progetto formativo rivolto alla prima infanzia. Per gli altri risultati si rinvia all’articolo Trapanese, R., Dal Forno, M. (2022). Together With Families. The Salerno System through Listening, Co-Planning, Shared Social Responsibilities and the Perspective of Childhood Pole. Italian Sociological Review, 12 (6S), 321-346,

Al fine di valutare l’efficacia dei servizi attivati dai nidi durante l’anno 2020/21, afflitto da lunghi periodi di lockdown, il gruppo OPS – UNISA ha affiancato lo staff del Consorzio “La Rada” per condurre un’indagine sulle famiglie. Lo scopo era di raccogliere informazioni circa la percezione degli educatori sulle attività socio-pedagogiche svolte sul campo, e il sostanziale giudizio dei genitori circa il loro coinvolgimento nel processo educativo. Inoltre, in considerazione del repentino cambio di organizzazione didattica seguito all’insorgere della pandemia, si voleva valutare anche il grado di resilienza delle strutture in condizioni avverse. Ci interessava comprendere se l’organizzazione dei nidi avesse retto l’ondata pandemica e compensato almeno in parte i deficit emotivi e relazionali che inevitabilmente si sono prodotti nei bambini e nei loro genitori.

Durante il lockdown e la chiusura dei nidi, l’emergenza delle famiglie per l’affido dei bambini era diventata una condizione di tutti i giorni. Ciononostante, i genitori hanno valutato molto positivamente il percorso pedagogico del nido, assegnando in massa il punteggio massimo allo staff educante. Tale riconoscimento non era scontato visto lo stato di disagio e il muro di critiche che a livello nazionale si è levato verso le istituzioni pubbliche e private giudicate inadempienti e impreparate a risolvere una situazione così complessa com’è la pandemia. Tale giudizio positivo, anche senza entrare troppo nel merito, è ben fondato su alcune scelte strategiche, allo stesso tempo socializzanti, resilienti e innovative, operate dalle strutture ospitanti.

Con l’avanzamento di scienze complesse, molti sono stati gli studi multidicplinari che hanno focalizzato l’attenzione sull’importanza delle sollecitazioni emotive e relazionali per lo sviluppo cognitivo e prosociale del bambino. Ciò trova un riscontro dalle risposte dei genitori sulla cosa più importante che è mancata al bambino durante la pandemia. La “mancanza di socialità” è la categoria più rappresentativa che raccoglie le opinioni degli educatori e delle famiglie a sostegno del valore che essi danno all’importanza dello stare insieme. Anche la mancanza di giocare negli spazi aperti sposta l’attenzione e il valore sulla libertà di incontrare persone e godere della natura, una condizione di benessere che non può che avere delle ricadute positive nel processo di crescita dei bambini. I genitori hanno espresso anche giudizi molto positivi sulle attività tematiche programmate, volte a orientarli verso atteggiamenti più positivi per la crescita del loro bambino formulando anche delle richieste di nuovi servizi e attività che hanno potenziato il repertorio dell’offerta delle comunità educanti. Tali informazioni sono state preziose per una nuova offerta formativa garantendo strategie di inclusione sempre più efficaci.

Mettendo insieme i due percorsi di analisi emerge che da un sistema di cooperazione sociale in rete pubblico-privato a livello nazionale, capace di ancorarsi al territorio attraverso il coinvolgimento costante delle famiglie e degli altri attori territoriali, sono state generate una serie di opportunità per i bambini, le famiglie, gli operatori e le comunità. Il welfare in tal modo può diventare un progetto condiviso, un investimento sociale, un volano di sviluppo dei territori, strutturato sui rapporti di fiducia con i cittadini e le famiglie. In questo senso, si vuole sostenere che per fronteggiare le difficoltà generate dalla pandemia e immaginare di costruire i Poli per l’infanzia, è importante mettere in campo azioni cooperative che coinvolgano le istituzioni, il privato sociale, le famiglie e la cittadinanza seguendo il dettato della sussidiarietà.

Il cambiamento a cui si è fatto finora riferimento è principalmente culturale ma con profonde ricadute sul piano civile, politico e organizzativo: rendere i processi sempre più inclusivi fino a generare una responsabilità diffusa. E’ l’intera comunità che si deve prendere cura dei soggetti fragili, non solo le famiglie, i servizi sociali o le organizzazioni di Terzo settore. Pertanto, la vision e le strategie da implementare devono tendere a una condivisione sempre più ampia, non solo con i diretti interessati, ad esempio le famiglie, ma verso la comunità più ampia che deve assumere man mano uno stile di comportamento prosociale. L’obiettivo diventa la costruzione di capitale sociale e relazionale che possa fungere da rete territoriale di supporto. Da tali processi si potranno poi implementare anche i Poli dell’infanzia, ottima proposta normativa che, in molti territori italiani, non ha ancora sufficiente humus favorevole per poter germogliare.

L’esperienza di ricerca ha posto in luce che sui territori non serve solo essere resilienti, ma promuovere una resilienza trasformativa, capace di generare, fronteggiate le difficoltà, nuove e migliori condizioni/opportunità di vita e di benessere sociale. La complessità sociale sempre crescente richiede che siano attive sui territori delle reti competenti, in cui il ruolo dei sistemi esperti della formazione e della ricerca siano parte integrante e possano fungere anche da propulsore.

Riferimenti bibliografici

Bondioli, A., Savio, D., Gobbetto B. (2018). TRA 0-6. Uno strumento per riflettere sul percorso educativo 0-6, Bergamo, Zeroseiup.

Fortunati, A., Pucci, A. (2019). Insieme, unici e diversi. Nuovi spunti dal Tuscan Approach all’educazione dei bambini, Tecnostampa – Pigini Group Printing Division Loreto – Trevi.

ISTAT (2020). Offerta di asili nido e servizi integrativi per la prima infanzia – Anno educativo 2018/2019, 27 ottobre 2020.

Trapanese, R., Dal Forno, M. (2022). Together With Families. The Salerno System through Listening, Co-Planning, Shared Social Responsibilities and the Perspective of Childhood Pole. Italian Sociological Review, 12 (6S), 321-346.


[1] Il CSV Sodalis è ad esempio in rete con il Ciessevi di Milano per la realizzazione dell’Università del volontariato, che poi realizza sul territorio salernitano, grazie alla collaborazione dell’OPS UNISA e del Dipartimento di Studi Politici e sociali; la Fondazione Comunità salernitana è consociata Assifero e in rete con tutte le Fondazioni di comunità del Sud Italia e ha aderito al Comitato promotore della Rete Nazionale dei Beni comuni. Inoltre, tutte queste realtà insieme al Consorzio La rada e ad altri circa 30 partner territoriali aggregati programmano insieme e sostengono la realizzazione del master in Management del welfare territoriale UNISA, anche attraverso borse di studio: https://corsi.unisa.it/management-del-welfare-territoriale.